- Mondo Vino
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La Lugana, zona viticola a sud del lago di Garda, ha una doppia appartenenza regionale: da una parte è infatti lombarda, dall’altra è veneta. C’è un curioso bilanciamento di forze in campo. La parte lombarda della denominazione vede infatti una predominanza quantitativa sia in fatto di comuni (ben quattro su cinque – Desenzano, Sirmione, Pozzolengo e Lonato – ricadono infatti nella provincia di Brescia) sia in termini di ettari vitati (ben 1.948 degli oltre 2.000 attuali sono coltivati nel Bresciano), quella veneta invece, annovera il solo comune di Peschiera del Garda, ma detiene il primato del volume commerciale, visto che il 60% dell’imbottigliato è gestito da produttori veronesi. Inoltre, San Benedetto di Lugana, vero e proprio cru della denominazione, è nel comune di Peschiera. La particolarità è che tutti i comuni del Lugana ricadono sotto la diocesi di Verona: il vescovo veronese ha infatti giurisdizione anche sulle parrocchie bresciane di Desenzano, Sirmione, Pozzolengo e Lonato. Anche dal punto di vista vitivinicolo il territorio del Lugana è diviso in due zone: la prima, più ampia, quella delle argille più coriacee, è di natura pianeggiante e si estende orizzontalmente lungo l’entroterra compreso tra Desenzano, Sirmione, una parte del comune di Pozzolengo e Peschiera. È questo il cuore pulsante della denominazione, che tra Rovizza e Lugana, frazioni depositarie dello stile più “lacustre” e minerale del Lugana, trova le sue zone storiche ed elettive. La seconda zona, di natura più collinare, si allunga dalla Torre Monumentale di San Martino della Battaglia lungo una duplice direttrice: da un lato verso Pozzolengo e dall’altro verso Lonato. Qui le argille si fanno più sabbiose; i rilievi più ondulati e dolci, con altitudini che non superano i 130 metri; i terreni più morenici (soprattutto verso Lonato), con buona presenza di elementi ghiaiosi; i vini meno minerali, più acidi e voluminosi. Non è una terra facile da lavorare: tanto è compatta e dura in tempi di siccità, tanto diventa molle, plastica e fangosa dopo la pioggia. Proprio queste caratteristiche chimico-fisiche tuttavia, la rendono depositaria del patrimonio organolettico del Lugana, perché regalano al vino profumi vigorosi, netti, tra la mandorla e l’agrume, oltre ad acidità, sapidità e a una struttura ben equilibrata. Nella Lugana il microclima, influenzato positivamente dalle brezze temperate del lago di Garda, è mite e abbastanza costante, con poche escursioni termiche tra il giorno e la notte. Una “culla climatica” perfetta per valorizzare le peculiarità di un’uva particolare come la Turbiana. Parente stretto del Trebbiano di Soave - vitigno geograficamente non lontano, i cui vigneti però poggiano su un altro tipo di suolo, di origine vulcanica e non morenica – l’uva Turbiana è stata per lungo tempo confusa con il Verdicchio dei Castelli di Jesi; tuttavia gli ultimi studi in materia hanno dimostrato che si differenzia da quello per caratteri aromatici propri, oltre che da un punto di vista fenologico, agronomico ed enologico. Meno produttiva rispetto alla media degli altri Trebbiano nazionali, la Turbiana è un’uva che presenta un grappolo medio, compatto, di forma piramidale allungata, acino sferoidale, buccia spessa, mediamente pruinosa (la pruina è quella sorta patina bianca, dall’aspetto simile alla farina, che si vede sul grappolo durante la fase di maturazione); polpa succosa, sciolta, lievemente acidula, dal sapore neutro. Vinificata in purezza, è in grado di esprimersi con versatilità sia nelle versioni classiche in bianco che in quelle spumantizzate. Anche se il disciplinare di produzione prevede la presenza di vitigni complementari a bacca bianca, purché non aromatici, per una quota del 10% oggi i produttori della zona tendono a fare i loro Lugana esclusivamente con uva Turbiana in purezza.