Il vino Biodinamico: le differenze con il vino Biologico

Cos'è il Vino biodinamico e il vino naturale? Scopriamo quali sono le macro differenze tra questi prodotti. 

Il vino biodinamico

Il vino biodinamico rispetto al vino biologico non ha, ad oggi, una legislazione in materia. Mentre il vino biologico segue le norme dell’agricoltura biologica, il vino biodinamico segue i principi dell'agricoltura biodinamica, certificati dall’associazione Demeter.
La logica di fondo dell’agricoltura biodinamica è quella di rispettare quanto più possibile la Natura, stando al passo dei suoi cicli e sfruttando spesso alcuni concetti legati alle fasi lunari ed altri elementi naturali.
Anche i preparati sono esclusivamente di origine naturale e vengono prodotti/utilizzati in determinati momenti dell’anno.

La produzione di questi vini prevede quindi un profondo legame con la natura e grande rispetto dei suoi ritmi. La produzione biodinamica non si ferma soltanto in vigna, ma prosegue ovviamente anche in cantina. Anche qui, uno degli aspetti su cui i produttori puntano (almeno sul grande pubblico, come variabile per intendere la naturalezza e qualità di un vino) è la quantità di anidride solforosa che è possibile utilizzare: 70 mg/l nei vini rossi, 90 mg/l nei vini bianchi e 60 mg/l in quelli frizzanti. Una quantità quindi ridotta rispetto ai vini biologici.

Il vino naturale

Per i vini naturali, come per i vini biodinamici, non esiste una normativa per il settore. I vini naturali sono prodotti secondo regolamenti elaborati e condivisi da associazioni di produttori. Le più autorevoli in Italia sono VinNatur ed il Consorzio Viniveri.
Come è facile intuire, i vini naturali sono realizzati senza additivi chimici né manipolazioni o aggiunte da parte dell’uomo. Per capire meglio quali siano le limitazioni ed il metodo di produzione, prendiamo qualche stralcio estratto dal disciplinare di VinNatur:

  1. il vino prodotto è esente da ogni tipo di pesticida;
  2. Concimazioni organiche (letame maturo, compost vegetale) o “verdi” (sovesci, cover crop);
  3. Vendemmia manuale;
  4. Utilizzo di vitigni resistenti (non derivati da cisgenesi o altre tecnologie genetiche);
  5. Uso di prodotti di derivazione naturale, a residuo zero, come ad esempio estratti vegetali, alghe, propoli, funghi o microrganismi antagonisti che permettano di ridurre l’uso di prodotti a base di rame e zolfo, con l’obbiettivo di eliminarli completamente in condizioni favorevoli;
  6. Non è permessa la vendemmia meccanica, l’uso di insetticidi chimici e le concimazioni minerali o chimiche.

Il duro lavoro procede poi in cantina, dove la fermentazione è esclusivamente spontanea, con uso di lieviti indigeni, quindi già presenti nell’uva e negli ambienti di vinificazione. Ed anche qui, abbiamo l’immancabile limitazione dell’anidride solforosa, unico additivo ammesso. Il vino in bottiglia deve avere un quantitativo di anidride solforosa totale non superiore a 50 mg/litro per vini bianchi, frizzanti, spumanti, rosati e dolci e non superiore a 30 mg/litro per vini rossi, quindi ancora più stringente rispetto ai vini biodinamici. 

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